sabato 15 novembre 2008

A proposito di Eluana

Che tristezza la storia di Eluana. Morire una seconda volta. E che destino quello che si accanisce su di lei: per la seconda volta deve accettare una sorte voluta da altri. La Cassazione autorizza la sua morte, dà il via libera ad una pratica con la quale nessuno al mondo vorrebbe avere a che fare. Staccare la spina, lasciare che quel corpo disteso da 17 anni si spenga per fame e sete, chissà in quanto tempo, giorni, ore, minuti. Chi può saperlo?
E se… Se fosse proprio lei a saperlo. Se fosse lei a sentire, nonostante le apparenze, quanto accade intorno a sé. Se avesse coscienza del proprio stato, ma fosse paralizzata nella parola e nel corpo.
Proprio stamattina, dando una rapida occhiata ai film in programmazione, ho letto la presentazione di Awake, anestesia cosciente. E’ la storia di un giovane che, sottoposto ad un intervento chirurgico, resta perfettamente lucido, ma impossibilitato sia alla parola che al movimento. Via libera al dolore, al pensiero, alle emozioni, ingabbiati però in una corazza rigida e inamovibile. E’ la rappresentazione fantasiosa di un caso di consapevolezza anestetica, una condizione che può, anche se rarissimamente, verificarsi sul serio. Si parla di un caso su un milione di anestesie.
E se anche per Eluana fosse così? Se lei sentisse, capisse, ascoltasse le parole, il pianto, il dramma che si sta svolgendo intorno a lei e non potesse, semplicemente…, reagire?
Le suore di Lecco dove Eluana si trova momentaneamente, non so ancora per quanto, hanno compiuto la loro vera e propria, per quanto scontata, missione di carità. Si sono offerte di continuare ad assisterla, “rimanga con noi, che la sentiamo viva”, hanno detto.
Che grande insegnamento, che grande vero disinteressato esempio. Senza voler minimamente entrare nel merito del dolore privato, perché non dire sì?

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