Me l’aspettavo, siamo alla selezione della specie. Mi spiego subito. E’ nato anche in Italia un social network dall’inquietante e discriminante titolo “Beautiful People” al quale si può accedere, che lo dico a fare, solo se si è belli e se si viene accettati dagli altri membri. Nato in Danimarca qualche anno fa, ha avuto talmente tanto successo che è presto migrato in altri lidi.
Poteva mancare nel Paese di Uomini e donne, tronisti, veline e top model e chi più ne ha più ne metta? No.
Sgarbi ha commentato che era ovvio, siamo in un Paese di belli (parlava anche per lui?), Gasparri ha fatto la battutina su di sé, dicendo che non potrebbe far parte del gruppo, ma nessuno ha sottolineato la pericolosità sociale di una tale iniziativa. Pensiamo a quante madri di aspiranti veline vedranno cadere le proprie illusioni, a quante aspiranti geishe di tronisti tenteranno di farla finita se non verranno accettate dal resto del Beautiful People.
Ancora una volta si impone la spietata spirale dello showbiz e di quanto ci sta intorno.
Ma non è tutto. Per entrare in Beautiful People bisogna non solo registrarsi, ma anche sottoscrivere un dettagliato contratto e pagare una somma, o più somme di denaro di cui, a chi non si iscrive, non è dato conoscere l’ammontare.
Età minima per partecipare, 21 anni. Quindi non bisogna disperare: finché c’è vita…
giovedì 27 novembre 2008
sabato 22 novembre 2008
Gira un morbo: Facebook
Ho ceduto alle lusinghe di Facebook, il social network che partito come semplice blog per la ricerca di compagni di un college americano, ne sta facendo di cotte e di crude in giro per il mondo.
Arrivati ad una "certa", come suol dirsi, si apre la grigia stagione dei ricordi. Oddio, non è che la mia sia così tanto in là, di "certa", ma forse ho una nostalgia precoce. Fatto sta che mi è venuta la voglia di, nell’ordine: cercare i vecchi fidanzati (che ne so, ti vengono in mente tutte le cattiverie fatte e ricevute e ti viene voglia di pagarla o di farla pagare…), cercare i vecchi compagni dell’asilo (poi ho pensato che di asilo ho fatto solo un giorno e forse il gioco non valeva la candela), cercare i compagni delle elementari e così via fino ai compagni di università. Dopo un giorno di ricerche ho scoperto che i miei coetanei o sono tutti morti (ma spero di no) o si sono vaccinati contro la sindrome da social network. Non ho trovato quasi nessuno. Invece ad una mia amica è successo di aver trovato solo due ex compagni di liceo, che tra loro erano già molto amici ai tempi, tanto da scatenare le gelosie di parecchi, lei compresa, perché lui era il bello e impossibile della classe e lei quella che le ragazze avrebbero voluto essere e che, visti i tempi, non potevano: disinvolta (in senso buono) coi maschi. Dopo aver chiesto la loro amicizia (si fa così), che loro hanno educatamente accettato, lei si è un po’ pentita. Sia perché il loro approccio nei suoi confronti è stato appena tiepido, sia perché la mia amica ha capito che in effetti non hanno nulla da chiederle, neanche come sta.
A questo proposito. oggi ho trovato un articolo su Repubblica online che parla del fenomeno, partendo da un libro americano uscito nel febbraio scorso dal titolo “Sono su Facebook, e adesso?”, analisi del dilemma tra “confirm o ignore”, ovvero: cosa rispondere a chi ti cerca ma non ti è mai stato particolarmente simpatico. Mi ci sono ritrovata... Ma per dire a che punto si arriva entrando in questo ingranaggio, c'è la testimonianza di una ragazza secondo la quale il tecnostress è aggiornare facebook ogni mattina. C’è pure raggiunge i duemila contatti e quindi non ci dorme la notte. Ho deciso che per me non sarà così.
Io dovevo fare quell’esperienza, dovevo attraversare la fase del “dove sei”, se no mi sarei sentita out. Devo dire che qualche amico che mi ha fatto piacere ritrovare, l'ho trovato. E ora comunque mi è rimasto ancora qualcuno da cercare. Sperando che non ci sia nessuno che alla mia richiesta di amicizia faccia clic su “ignora”. Mi ucciderebbe.
Arrivati ad una "certa", come suol dirsi, si apre la grigia stagione dei ricordi. Oddio, non è che la mia sia così tanto in là, di "certa", ma forse ho una nostalgia precoce. Fatto sta che mi è venuta la voglia di, nell’ordine: cercare i vecchi fidanzati (che ne so, ti vengono in mente tutte le cattiverie fatte e ricevute e ti viene voglia di pagarla o di farla pagare…), cercare i vecchi compagni dell’asilo (poi ho pensato che di asilo ho fatto solo un giorno e forse il gioco non valeva la candela), cercare i compagni delle elementari e così via fino ai compagni di università. Dopo un giorno di ricerche ho scoperto che i miei coetanei o sono tutti morti (ma spero di no) o si sono vaccinati contro la sindrome da social network. Non ho trovato quasi nessuno. Invece ad una mia amica è successo di aver trovato solo due ex compagni di liceo, che tra loro erano già molto amici ai tempi, tanto da scatenare le gelosie di parecchi, lei compresa, perché lui era il bello e impossibile della classe e lei quella che le ragazze avrebbero voluto essere e che, visti i tempi, non potevano: disinvolta (in senso buono) coi maschi. Dopo aver chiesto la loro amicizia (si fa così), che loro hanno educatamente accettato, lei si è un po’ pentita. Sia perché il loro approccio nei suoi confronti è stato appena tiepido, sia perché la mia amica ha capito che in effetti non hanno nulla da chiederle, neanche come sta.
A questo proposito. oggi ho trovato un articolo su Repubblica online che parla del fenomeno, partendo da un libro americano uscito nel febbraio scorso dal titolo “Sono su Facebook, e adesso?”, analisi del dilemma tra “confirm o ignore”, ovvero: cosa rispondere a chi ti cerca ma non ti è mai stato particolarmente simpatico. Mi ci sono ritrovata... Ma per dire a che punto si arriva entrando in questo ingranaggio, c'è la testimonianza di una ragazza secondo la quale il tecnostress è aggiornare facebook ogni mattina. C’è pure raggiunge i duemila contatti e quindi non ci dorme la notte. Ho deciso che per me non sarà così.
Io dovevo fare quell’esperienza, dovevo attraversare la fase del “dove sei”, se no mi sarei sentita out. Devo dire che qualche amico che mi ha fatto piacere ritrovare, l'ho trovato. E ora comunque mi è rimasto ancora qualcuno da cercare. Sperando che non ci sia nessuno che alla mia richiesta di amicizia faccia clic su “ignora”. Mi ucciderebbe.
venerdì 21 novembre 2008
Il buio nella mente
Ancora una volta c’è da chiedersi perché. Perché la mente attraversa momenti di black out. Perché in un momento ciò che è bello, tranquillo, sereno diventa tragedia. Perché chi si distingue per un grande equilibrio nei modi e nei comportamenti, all’improvviso diventa carnefice, diventa mostro, si accanisce contro chi ha amato di più, se stesso compreso. E’ quanto accaduto alle porte di Verona l’altra sera. Un uomo, 43 anni, serio e professionale nel suo lavoro e come tale conosciuto dai vicini di casa, ha ucciso la moglie, i tre figlioletti (tre anni il più piccolo) e si è poi tolto la vita.
Riusciamo a stento ad immaginare solo vagamente lo scenario che si è presentato agli occhi della donna di servizio quando, ieri mattina, ha aperto la porta di casa. Perfino gli inquirenti che sono sopraggiunti dopo poco sono rimasti sconvolti da quella vista.
La cronaca scorre veloce e giorno dopo giorno annovera drammatici flash. Erba, Novi Ligure, Cogne, tanto per citare alcuni tra gli episodi più recenti, sono i teatri di oscure e incomprensibili tragedie moderne. Cosa c’è di tanto oscuro e terribile nella mente umana, quanta di quella parte sconosciuta del nostro cervello è diabolica, assassina, lontana dal nostro tranquillo comportamento di tutti i giorni. Tanto lontana da farci commettere azioni orribili che un attimo prima non avremmo neanche potuto immaginare. La scienza cerca spiegazioni, ma la conoscenza è ancora troppo lontana.
Riusciamo a stento ad immaginare solo vagamente lo scenario che si è presentato agli occhi della donna di servizio quando, ieri mattina, ha aperto la porta di casa. Perfino gli inquirenti che sono sopraggiunti dopo poco sono rimasti sconvolti da quella vista.
La cronaca scorre veloce e giorno dopo giorno annovera drammatici flash. Erba, Novi Ligure, Cogne, tanto per citare alcuni tra gli episodi più recenti, sono i teatri di oscure e incomprensibili tragedie moderne. Cosa c’è di tanto oscuro e terribile nella mente umana, quanta di quella parte sconosciuta del nostro cervello è diabolica, assassina, lontana dal nostro tranquillo comportamento di tutti i giorni. Tanto lontana da farci commettere azioni orribili che un attimo prima non avremmo neanche potuto immaginare. La scienza cerca spiegazioni, ma la conoscenza è ancora troppo lontana.
giovedì 20 novembre 2008
L'Isola che c'è
Quest’anno ho deciso di seguire l’Isola dei famosi, perché tra i vips partecipanti c’era anche Vladimir Luxuria. So di lei da molti anni, ma devo dire che non mi era particolarmente simpatica. La consideravo solo una showgirl, sapevo del Muccassassina, il famoso locale romano del quale non capivo bene il senso, e della sua esperienza politica in Parlamento non avevo una buona opinione, devo ammettere che la sua elezione mi ha ricordato quella di Cicciolina: un po’ da ridere.
Ma devo fare ammenda. Negli ultimi anni, performance a parte, l’ho sentita parlare e mi sono ricreduta. Per me, adesso, Luxuria è una persona molto intelligente, di una grande profondità di sentimenti e di una interiorità insospettata.
Ha un rigore morale fuori del comune, che applica in situazioni in cui ad altri non verrebbe neanche in mente. Insomma, secondo me è l’unica in grado di aggiudicarsi la vittoria dell’Isola.
Ha lavorato, è stata diplomatica quanto basta, ha saputo accattivarsi le simpatie delle persone di un qualche spessore, sa fare un discorso davanti alle telecamere. Esilaranti i suoi siparietti, le sue battute pronte, encomiabile il modo in cui cerca di tirar su il morale del prossimo. Ed è sempre la prima ad accorrere in caso di bisogno: ha un grande rispetto per il prossimo, cosa che è mancata alla quasi totalità dei concorrenti. Uno fra tutti quell’Alessandro Feliù che, dal basso dei suoi 21 anni, si permetteva di zittire persone di una certa. E non mi si venga a dire che sull’isola l’età non conta. Conta eccome, anzi contessa! Che dire della de Blanck che tra una parola e una parolaccia rimarca la propria estrazione sociale? Salvo poi a fare quella scivolata clamorosa a sipario calante.
Strappare di dosso al bidello Calro il maglioncino che gli aveva prestato è stato un gesto che le ha fatto perdere, mentre usciva di scena per la meritata eliminazione, tutti i punti che aveva acquistato sull’isola. La democrazia è andata a farsi friggere sul più bello.
Ma devo fare ammenda. Negli ultimi anni, performance a parte, l’ho sentita parlare e mi sono ricreduta. Per me, adesso, Luxuria è una persona molto intelligente, di una grande profondità di sentimenti e di una interiorità insospettata.
Ha un rigore morale fuori del comune, che applica in situazioni in cui ad altri non verrebbe neanche in mente. Insomma, secondo me è l’unica in grado di aggiudicarsi la vittoria dell’Isola.
Ha lavorato, è stata diplomatica quanto basta, ha saputo accattivarsi le simpatie delle persone di un qualche spessore, sa fare un discorso davanti alle telecamere. Esilaranti i suoi siparietti, le sue battute pronte, encomiabile il modo in cui cerca di tirar su il morale del prossimo. Ed è sempre la prima ad accorrere in caso di bisogno: ha un grande rispetto per il prossimo, cosa che è mancata alla quasi totalità dei concorrenti. Uno fra tutti quell’Alessandro Feliù che, dal basso dei suoi 21 anni, si permetteva di zittire persone di una certa. E non mi si venga a dire che sull’isola l’età non conta. Conta eccome, anzi contessa! Che dire della de Blanck che tra una parola e una parolaccia rimarca la propria estrazione sociale? Salvo poi a fare quella scivolata clamorosa a sipario calante.
Strappare di dosso al bidello Calro il maglioncino che gli aveva prestato è stato un gesto che le ha fatto perdere, mentre usciva di scena per la meritata eliminazione, tutti i punti che aveva acquistato sull’isola. La democrazia è andata a farsi friggere sul più bello.
martedì 18 novembre 2008
Il Cavaliere a cucù
Non passa giorno che la cronaca politica non debba occuparsi del premier. E non solo perché ricopre la quarta carica dello Stato, ma perché non sa frenare il lato giocherellone del proprio carattere. L’altro giorno ha creato scompiglio nel mondo con le sue affermazioni sul presidente eletto degli Stati Uniti, definendolo giovane bello e abbronzato. Trovare una malizia in quella frase è stato come dubitare dell’ innocenza di Topo Gigio. Fuori luogo.
Oggi lascia senza parole per uno scherzetto al cancelliere tedesco Merkel.
Durante il vertice italo-tedesco di Trieste Berlusconi, all’arrivo della Merkel, si è nascosto. Sembra una boutade, ma è vero! Magari per qualche istante la signora avrà pensato ad un maleducato premier che non si era presentato ad un appuntamento tanto importante fissato col cemento dal protocollo. Ma quando lui, col suo sorriso smagliante, le ha fatto “cucù” saltando fuori da dietro un lampione, la Merkel si è aperta in un sorriso al grido di “Silvio!”. E avrà tirato un sospiro di sollievo. Poteva andarle peggio.
Oggi lascia senza parole per uno scherzetto al cancelliere tedesco Merkel.
Durante il vertice italo-tedesco di Trieste Berlusconi, all’arrivo della Merkel, si è nascosto. Sembra una boutade, ma è vero! Magari per qualche istante la signora avrà pensato ad un maleducato premier che non si era presentato ad un appuntamento tanto importante fissato col cemento dal protocollo. Ma quando lui, col suo sorriso smagliante, le ha fatto “cucù” saltando fuori da dietro un lampione, la Merkel si è aperta in un sorriso al grido di “Silvio!”. E avrà tirato un sospiro di sollievo. Poteva andarle peggio.
lunedì 17 novembre 2008
La scivolata di Carlà
Carla Bruni è felice di essere francese. O meglio, diciamola tutta, è felice di non essere più italiana. La bella première dame di Francia ha manifestato in questo modo il proprio dissenso alla ormai celebre frase di Berlusconi su Obama (giovane, bello e abbronzato…). Questo accadeva qualche giorno fa, ma dopo l’outing della neo francese modella-cantante, sono insorti contro di lei tutti i direttori dei tg italiani. A parte che si può commentare con un bel “chissenefrega”, che dire a Carlà? Va bene che la giovane abbandonò presto il patrio suolo al seguito della famiglia, ma ella è pur sempre nata in terra italiana e, se il gossip non è un’opinione, tutti i suoi genitori sono italiani. Rinnegare le proprie origini non è proprio un gesto glamour, per una che del glamour ha fatto il proprio mestiere. Chissà se i suoi attuali sudditi d’oltralpe avranno gradito o se qualcuno avrà commentato con aria schifata: “Oh, che volgarità”. Con buona pace del grande Fiorello.
domenica 16 novembre 2008
Il cane che non sapeva di essere un cane
Dopo una vita passata a dribblare richieste di accoglimento in casa di animali domestici, un anno fa ho ceduto. D’improvviso la voglia di avere un cane ha avuto il sopravvento e io e il mio compagno ci siamo messi alla ricerca di un tipo o una tipa che ci andasse bene e che potesse condividere con noi la nostra caotica esistenza. Abbiamo sfogliato non si sa quanti giornali specializzati, abbiamo ascoltato non si sa quanti pareri, per arrivare alla conclusione che la razza più bella in assoluto, per noi, era quella del beagle.
Avete presente il mitico Snoopy? Avete presente quegli occhi languidi da figlio di paragnosta? Avete presente il manto tricolore con quelle orecchie lunghe lunghe sempre a razzolare in terra per assecondare il proprio fiuto speciale? Volendo assolutamente quello, abbiamo cominciato a chiedere consiglio qua e là, in primo luogo in famiglia. Qualche timido tentativo di metterci in guardia in realtà qualcuno l’ha fatto, ma noi niente, imperterriti siamo andati avanti con testardaggine, credendo nella nostra capacità di mettere in riga chiunque.
Il fatto stesso di non essere riusciti a farlo con i nostri figli, tre e tutti adulti, avrebbe dovuto suggerirci qualcosa, ma in quel momento era prevalente il desiderio di un cucciolo.
Le dicerie sul carattere dei beagle, che i maligni sostengono essere un cane intrattabile, testardo, opportunista, Attila e quant’altro, erano frutto di invidie, secondo noi. Come si poteva pensare tante cose cattive di un’anima tenera e dolce come quella? E quand’anche avesse rotto un paio di occhiali, sarebbe stato il finimondo? No.
Un giorno la nostra vita si è incrociata con quella di Byron. Aveva fama di miglior carattere tra le ultime cucciolate dell’allevamento. Abbiamo ceduto di fronte a questa rassicurazione. Ma non sapevamo che la nostra tranquillità stava per finire per sempre. (continua)
Avete presente il mitico Snoopy? Avete presente quegli occhi languidi da figlio di paragnosta? Avete presente il manto tricolore con quelle orecchie lunghe lunghe sempre a razzolare in terra per assecondare il proprio fiuto speciale? Volendo assolutamente quello, abbiamo cominciato a chiedere consiglio qua e là, in primo luogo in famiglia. Qualche timido tentativo di metterci in guardia in realtà qualcuno l’ha fatto, ma noi niente, imperterriti siamo andati avanti con testardaggine, credendo nella nostra capacità di mettere in riga chiunque.
Il fatto stesso di non essere riusciti a farlo con i nostri figli, tre e tutti adulti, avrebbe dovuto suggerirci qualcosa, ma in quel momento era prevalente il desiderio di un cucciolo.
Le dicerie sul carattere dei beagle, che i maligni sostengono essere un cane intrattabile, testardo, opportunista, Attila e quant’altro, erano frutto di invidie, secondo noi. Come si poteva pensare tante cose cattive di un’anima tenera e dolce come quella? E quand’anche avesse rotto un paio di occhiali, sarebbe stato il finimondo? No.
Un giorno la nostra vita si è incrociata con quella di Byron. Aveva fama di miglior carattere tra le ultime cucciolate dell’allevamento. Abbiamo ceduto di fronte a questa rassicurazione. Ma non sapevamo che la nostra tranquillità stava per finire per sempre. (continua)
sabato 15 novembre 2008
A proposito di Eluana
Che tristezza la storia di Eluana. Morire una seconda volta. E che destino quello che si accanisce su di lei: per la seconda volta deve accettare una sorte voluta da altri. La Cassazione autorizza la sua morte, dà il via libera ad una pratica con la quale nessuno al mondo vorrebbe avere a che fare. Staccare la spina, lasciare che quel corpo disteso da 17 anni si spenga per fame e sete, chissà in quanto tempo, giorni, ore, minuti. Chi può saperlo?
E se… Se fosse proprio lei a saperlo. Se fosse lei a sentire, nonostante le apparenze, quanto accade intorno a sé. Se avesse coscienza del proprio stato, ma fosse paralizzata nella parola e nel corpo.
Proprio stamattina, dando una rapida occhiata ai film in programmazione, ho letto la presentazione di Awake, anestesia cosciente. E’ la storia di un giovane che, sottoposto ad un intervento chirurgico, resta perfettamente lucido, ma impossibilitato sia alla parola che al movimento. Via libera al dolore, al pensiero, alle emozioni, ingabbiati però in una corazza rigida e inamovibile. E’ la rappresentazione fantasiosa di un caso di consapevolezza anestetica, una condizione che può, anche se rarissimamente, verificarsi sul serio. Si parla di un caso su un milione di anestesie.
E se anche per Eluana fosse così? Se lei sentisse, capisse, ascoltasse le parole, il pianto, il dramma che si sta svolgendo intorno a lei e non potesse, semplicemente…, reagire?
Le suore di Lecco dove Eluana si trova momentaneamente, non so ancora per quanto, hanno compiuto la loro vera e propria, per quanto scontata, missione di carità. Si sono offerte di continuare ad assisterla, “rimanga con noi, che la sentiamo viva”, hanno detto.
Che grande insegnamento, che grande vero disinteressato esempio. Senza voler minimamente entrare nel merito del dolore privato, perché non dire sì?
E se… Se fosse proprio lei a saperlo. Se fosse lei a sentire, nonostante le apparenze, quanto accade intorno a sé. Se avesse coscienza del proprio stato, ma fosse paralizzata nella parola e nel corpo.
Proprio stamattina, dando una rapida occhiata ai film in programmazione, ho letto la presentazione di Awake, anestesia cosciente. E’ la storia di un giovane che, sottoposto ad un intervento chirurgico, resta perfettamente lucido, ma impossibilitato sia alla parola che al movimento. Via libera al dolore, al pensiero, alle emozioni, ingabbiati però in una corazza rigida e inamovibile. E’ la rappresentazione fantasiosa di un caso di consapevolezza anestetica, una condizione che può, anche se rarissimamente, verificarsi sul serio. Si parla di un caso su un milione di anestesie.
E se anche per Eluana fosse così? Se lei sentisse, capisse, ascoltasse le parole, il pianto, il dramma che si sta svolgendo intorno a lei e non potesse, semplicemente…, reagire?
Le suore di Lecco dove Eluana si trova momentaneamente, non so ancora per quanto, hanno compiuto la loro vera e propria, per quanto scontata, missione di carità. Si sono offerte di continuare ad assisterla, “rimanga con noi, che la sentiamo viva”, hanno detto.
Che grande insegnamento, che grande vero disinteressato esempio. Senza voler minimamente entrare nel merito del dolore privato, perché non dire sì?
venerdì 14 novembre 2008
Tremate, tremate
Sono una tipa assai curiosa. Lo sono dalla nascita, credo. Non avrei potuto fare la giornalista se non avessi avuto questa peculiarità, nel mio carattere. Anche se all'inizio dei miei studi universitari la direzione presa era un'altra, i casi della vita mi portarono dritto dritto nel mondo dell'informazione. C'era un disegno, dietro questa forza trainante del destino. Che però non è ancora del tutto chiaro: lo scoprirò, prima o poi.
Nel frattempo, mentre cerco di capire che sarà di me, ho deciso di fare un contenuto commento di quanto mi accade intorno.
Intorno per modo di dire. Nel mondo, intendo, anche se forse non è escluso che mi verrà spontaneo affrontare qualche argomento più privato, così, nel tentativo di offrire spunto, a chi vorrà, di riflessione sul proprio, di privato.
E allora spettacolo, cinema, televisione, reality (sono così trendy, anzi glamour...), ma anche politica, cronaca, società, personaggi, frasi celebri contemporanee.
Di tutto, di più, dunque, per usare una frase non più molto originale ma che rende l'idea di cosa vorrei che questo blog diventasse.
Uno spazio aperto sul mondo.
Nel frattempo, mentre cerco di capire che sarà di me, ho deciso di fare un contenuto commento di quanto mi accade intorno.
Intorno per modo di dire. Nel mondo, intendo, anche se forse non è escluso che mi verrà spontaneo affrontare qualche argomento più privato, così, nel tentativo di offrire spunto, a chi vorrà, di riflessione sul proprio, di privato.
E allora spettacolo, cinema, televisione, reality (sono così trendy, anzi glamour...), ma anche politica, cronaca, società, personaggi, frasi celebri contemporanee.
Di tutto, di più, dunque, per usare una frase non più molto originale ma che rende l'idea di cosa vorrei che questo blog diventasse.
Uno spazio aperto sul mondo.
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